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In Umbria peggiora la qualità della raccolta differenziata
Presentato al Teatro Mengoni di Magione, il Dossier Comuni Ricicloni dell’Umbria 2023. Dal dossier realizzato da Legambiente Umbria, su dati 2022 certificati da Arpa Umbria, emerge un’analisi dei numeri, quantitativa e qualitativa, relativa alla raccolta differenziata della regione. Il Rapporto è strettamente connesso ai temi dell’economia circolare, pertanto è stato inserito all’interno dell’annuale EcoForum dell’economia circolare. Come spiegano dall’associazione ambientalista umbra: “È importante sottolineare come il passaggio fondamentale da fare per minimizzare gli impatti e attivare economie virtuose sul ciclo dei rifiuti consista nel massimizzare buone pratiche, a partire dalla riduzione dei rifiuti al riutilizzo fino al riciclo. La finalità è ricostruire filiere virtuose che portino ad una fattiva re-industrializzazione dei beni e servizi in ottica di eco-design per dare gambe a quella che chiamiamo transizione ecologica”.
L’EcoForum è promosso e realizzato da Legambiente Umbria, con il patrocinio del Comune di Magione, la collaborazione scientifica di Arpa Umbria, il supporto di Gesenu, TSA, Consorzio Biorepack, Coop Centro Italia, Cartiere di Trevi e il contributo della Cooperativa Pescatori del Trasimeno.
Quest’anno sono 9 i Comuni Ricicloni umbri (erano 10 nel 2022 e addirittura 17 nel 2019), uno in meno rispetto allo scorso anno per via del sempre più preoccupante peggioramento nella qualità della raccolta dell’umido di diversi comuni e malgrado i criteri siano stati leggermente modificati e resi meno restrittivi, visti anche gli obiettivi del nuovo piano regionale rifiuti che sono di fatto al ribasso rispetto a quelli già stabiliti in passato dalla stessa Regione. Come spiega Maurizio Zara, presidente regionale di Legambiente: “Volendo trovare una lettura positiva c’è che aumenta l’elenco dei comuni che avrebbero un dato di differenziata elevato, ma che invece fanno parte degli esclusi proprio perché hanno abbassato la qualità della raccolta dei rifiuti organici, venendo così esclusi dalla classifica (19 comuni in totale tra cui anche Narni, Bastia Umbra, Todi e Terni). Eppure, questa dinamica segnala che un problema c’è, e secondo noi c’entra qualcosa il voler sempre tornare a pensare alla soluzione facile (l’inceneritore) di fronte al problema complesso della gestione delle tante tipologie di materiali e prodotti che finiscono nei rifiuti. Al contrario il mantra dovrebbe essere: lavorare sui dettagli perché la qualità è un fattore dirimente”. Si pensi ad esempio alla tanta plastica che finisce nella frazione organica raccolta con la differenziata per via del “sacchetto sbagliato”, oppure all’organico ancora raccolto con bidone stradale, quando ormai i dati nazionali e regionali confermano l’importanza di domiciliare questa frazione. Oppure alla necessità di potenziare e comunicare la raccolta dei RAEE, facendo in modo che gli esercizi commerciali obbligati attuino ciò che la legge impone loro, potenziando e strutturando meglio i centri di riuso e i centri di raccolta comunali. Per essere premiati come comuni ricicloni umbri, il criterio selezionato da Legambiente Umbria è il rispetto dell’obiettivo minimo di raccolta differenziata, che a livello regionale è stato fissato al 72% al 2028 (come obiettivo di piano intermedio, ma meno ambizioso dell’obiettivo che la regione si era data in precedenza per il 2018 con il 72,3%) e il produrre un rifiuto organico con una qualità media superiore o uguale al 95%, ovvero con presenza di materiale non compostabile (MNC) inferiore al 5%.
Un Criterio che, come detto, decurta notevolmente i comuni ricicloni dell’Umbria ma sul quale Legambiente Umbria continua a puntare, perché non ci può essere effettivo riciclo se la qualità del rifiuto raccolto è bassa.
Per entrare in classifica regionale quindi si è deciso di utilizzare l’obiettivo minimo differenziata al 72% (così come prevede il nuovo piano rifiuti come obbiettivo intermedio al 2028) e contestualmente, al solito, anche una qualità percentuale superiore al 95% di materiale compostabile presente nella raccolta differenziata della frazione organica.
Vi è poi il tetto massimo dei 75 kg di rifiuto indifferenziato prodotto annualmente da ciascun abitante posto da Legambiente per essere definito Comune Rifiuti Free (in quest’ultimo caso il Comune viene premiato anche a livello nazionale) e l’ordine di classifica è in generale sempre stabilito in base al valore di rifiuto indifferenziato pro capite, dal minore al maggiore.
In conclusione l’associazione ambientalista ritiene che il nuovo Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti umbro, è troppo sbilanciato sull’incenerimento e ancora una volta poco concentrato sulle possibili azioni concrete legate alla riduzione dei rifiuti, al riuso e al miglioramento della qualità delle raccolte finalizzate al riciclo. La tempistica di realizzazione dell’inceneritore è fissata al 2028, e rappresenta palesemente un’occasione persa per organizzare e rafforzare il percorso verso l’economia circolare regionale e accelerare la transizione ecologica dell’Umbria. Occorre invece mantenere alta l’attenzione sul percorso di crescita qualitativa, ma anche quantitativa perché gli obiettivi del piano (75% nel 2035) sono in assoluto ben più modesti di quelli fissati da altre regioni (sempre sopra l’80% e in tempi più rapidi). Obiettivi per altro che alcuni comuni hanno già raggiunto e superato con successo. Occorre lavorare seriamente sulla riduzione e riuso, e parimenti organizzare le filiere di riciclo in modo da intercettare i materiali correttamente, realizzare gli impianti di riciclo specializzati, come quelli finanziati dal PNRR per l’Umbria dedicati ai rifiuti tessili e ai pannolini e ai prodotti assorbenti, e altresì puntare su altre filiere di riciclo, come quella della plastica ad esempio. Occorre infine lavorare per reimmettere sul mercato i materiali riciclati contando in primis sugli acquisti pubblici come leva per valorizzarli. In conclusione l’economia circolare si fa con azioni concrete, tanto lavoro e non c’è assolutamente tempo da perdere, vista la velocità e l’impatto dei cambiamenti climatici in atto.